Da quando i media hanno iniziato a parlare dell’inquinamento ambientale non passa giorno senza qualche notizia di disastro ecologico o di qualche nostro comportamento errato. 4 sono i grammi di CO2 emessi da una singola email; 50 sono i grammi di CO2 emessi se nella stessa email è presente un allegato. L’ecosistema delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) nel suo complesso rappresenta oltre il 2% delle emissioni di CO2 totali, pari alle emissioni dell’industria aeronautica.
L’inquinamento del digitale
Più ci informiamo, più capiamo di essere lontani anni luce dall’avere un comportamento a impatto zero sull’ambiente. In tutta questa frenesia, la tecnologia non si ferma. Cresce costantemente e, assieme ad essa, aumenta anche l’inquinamento generato dal mondo digitale. Il problema è concreto e molto grave: Internet e le tecnologie ad esso collegate rappresentano una delle principali cause di inquinamento ambientale. Lo hanno capito da subito le Big Tech, che si sono impegnate a fare di più per ridurre le emissioni di carbonio. Che sia Greenwashing o un’altra strategia di marketing, l’importante è che facciano qualcosa.
Carbon neutral, il primo passo ma non è abbastanza
La prima strategia adottata dalle Big Tech per ridurre l’impatto ambientale è stata la ricerca della “carbon neutrality”, ovvero un processo di quantificazione, riduzione e compensazione delle emissioni di CO2. “Diventare carbon neutral significa farsi carico dei propri impatti ambientali, che il mercato normalmente neppure quantifica, e scegliere di rendere le proprie attività non impattanti verso il clima”, sostiene Rete Clima.
Apple punta a rendere la sua intera attività e tutta la catena di approvvigionamento a emissioni zero, Amazon vuole diventare carbon neutral entro il 2040, mentre Google, nel 2019, ha annunciato di aver effettuato il più grande acquisto di energia rinnovabile nella storia.
Tecnologia: le due facce della medaglia
Questi sviluppi riconoscono due narrazioni concorrenti sulla tecnologia e sul cambiamento climatico: da un lato, le tecnologie digitali rappresentano un grande aiuto nella lotta al cambiamento climatico, tuttavia la tecnologia consuma anche grandi quantità di energia.
Risulta indubbio che Big Data, intelligenza artificiale, blockchain e Internet of Things offrono svariate opportunità per consentire un uso più efficiente dell’energia e delle risorse naturali, ma è anche vero che facciamo sempre più affidamento sulla tecnologia digitale in tutto ciò che facciamo e le aziende aumentano gli investimenti nella tecnologia come parte dei piani di ripresa post-COVID. Dobbiamo quindi assicurarci che i vantaggi connessi alla tecnologia non siano controbilanciati da una crescita significativa delle emissioni di carbonio che produce. Lo dice la scienza: entro il 2030 le emissioni dovranno essere dimezzate.
Il punto di partenza: i Data Center
Da dove iniziare quindi? Le aziende tecnologiche contribuiscono al cambiamento climatico utilizzando molta energia proveniente dal carbone per i loro Data Center: il cloud, le piattaforme social, i motori di ricerca, e via dicendo, tutto consuma energia. Questo problema si risolve abbastanza facilmente utilizzando energia rinnovabile. Inoltre, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie, le Big Tech hanno implementato dei Data Center iperscalabili altamente efficienti, che hanno consentito al settore di crescere notevolmente, mantenendo però un consumo energetico pressoché costante.
Un focus sui Device: dall’obsolescenza programmata all’e-waste
Sebbene le Big Tech abbiano iniziato a lavorare sui Data Center, c’è ancora tanto margine di miglioramento. Un problema abbastanza evidente del settore riguarda i device, che riguardano circa la metà delle emissioni del settore. Dalla produzione, alla ricarica, all’utilizzo, all’e-waste: il modello di business del settore IT è tutto fuorché sostenibile.
Ogni anno, il 25% della popolazione mondiale acquista un telefono nuovo. La vita media di un telefono si aggira intorno ai 15 mesi a causa dell’obsolescenza programmata, una strategia di marketing che riduce la vita dei prodotti elettronici a poco dopo la scadenza della garanzia, che ha l’obiettivo di accorciarne la vita o l’utilizzo per aumentare il tasso di sostituzione e quindi i profitti. In questo modo viene alimentata la cultura dell’usa e getta e della corsa all’ultimo modello. E cosa succede al vecchio device? Diventa un rifiuto! Nel 2019 sono state prodotte globalmente 56,3 mega tonnellate di RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche). L’Europa è il continente che produce più rifiuti elettronici per persona, circa 7,3 kg. Tuttavia, è anche il continente che possiede il primato del riciclaggio per questi dispositivi: 42,5%, rispetto alla media globale del 17,4%.
Cosa può fare ognuno di noi? Agire!
Nel nostro piccolo, tutti noi possiamo dare un contributo, cercando di ridurre al minimo gli sprechi. Innanzitutto è fondamentale comprare i device che effettivamente servono: maggiore è il numero di device, maggiore è l’impronta di carbonio e maggiore sarà il numero di rifiuti che si produrranno. Nell’ambito dell’e-waste rientrano anche altri rifiuti digitali, come i documenti di testo: tutto ciò che facciamo online utilizza una piccola quantità di potenza di calcolo e delle attività di rete. Sviluppare delle best practices che riducono anche questo tipo di impatto è possibile, basta ad esempio utilizzare tool di collaborazione che riducono al minimo la duplicazione e l’invio di documenti. Ridurre l’impatto ambientale è possibile grazie all’efficienza energetica: spegnere i dispositivi durante la notte e disconnetterli quando non si utilizzano, sono piccoli gesti che contribuiscono a ridurre il consumo di energia. Come detto in precedenza, la tecnologia può essere utile per ridurre la propria impronta ambientale, ce l’ha insegnato il lockdown: mentre il mondo rallentava, rallentavano anche le emissioni di CO2, complici anche le teleconferenze e lo smart working.
L’impegno di TopNetwork: Informazione e formazione fanno la differenza!
Anche TopNetwork persegue il miglioramento continuo delle sue performance orientate alla riduzione dell’impatto ambientale, che si è concretizzato nella messa a punto di un Sistema per la Gestione dell’ambiente (ISO 14001) che è stato certificato a febbraio 2015.
Innanzitutto, l’azienda ha puntato sulla riduzione dei consumi di energia elettrica. Sono stati applicati dei timer sulle linee di alimentazione delle macchine del caffè, delle fotocopiatrici, dei distributori di acqua e/o di altri dispositivi presenti nei punti di ristoro, per fare in modo che l’alimentazione sia tagliata negli orari notturni. Inoltre, c’è stato il monitoraggio della temperatura in estate, sia per gli uffici sia per le stanze che ospitano solo computer, per permettere una migliore regolazione dei condizionatori e ridurre i consumi degli stessi.
Inoltre, TopNetwork ha voluto ridurre i consumi per il riscaldamento, con l’eliminazione della caldaia a gas e il passaggio ad un sistema a pompa di calore, molto più efficiente. La temperatura dell’aria negli uffici è tenuta sotto controllo regolando i termostati per far rientrare la stessa nel campo di temperature previsto dalle normative ambientali.
Altre misure adottate dall’azienda sono: l’installazione di aeratori e riduttori di flusso per la limitazione della portata idrica per la riduzione dei consumi idrici; avvio di una campagna informativa per diminuire le stampe, favorire l’uso di carta riciclata e ridurre il consumo di carta, toner e cartucce di stampa; azioni di sensibilizzazione nei confronti dei dipendenti che si recano al lavoro con mezzi privati, raccogliendo dati sulle emissioni di CO2 prodotte sui percorsi casa-ufficio-casa e incoraggiando car-sharing, scelta di veicoli a basso consumo anche per le auto assegnate ai dipendenti; eliminazione delle plastiche “usa e getta”, con la sostituzione dei bicchieri di plastica con bicchieri di carta e con l’invito a cercare di usarli più volte.
Un ulteriore contributo riguarda l’aumento della conoscenza, consapevolezza e sensibilità delle persone verso le tematiche ambientali. L’impegno dei singoli fa la differenza e si persegue tramite l’informazione e la formazione incentrate sull’importanza di “trattare bene” l’unico pianeta che abbiamo a disposizione.